Abbandonare la rotaia per la gomma, ne è valsa la pena?
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L'ultimo treno da Lourdes, vuoto, pronto a ripartire per il deposito di Torino |
L'evoluzione, da sempre, è simbolo di cambiamento. Abbandonare il vecchio per rimpiazzarlo con il nuovo, sostituire il vetusto con qualcosa di più pratico e versatile. In fondo questa è la filosofia che lentamente ha trasformato radicalmente il mondo, in particolare negli ultimi anni, creando da un lato nuclei di persone "conservatrici" che si oppongono a questo processo e dall'altro i "progressisti" che accolgono con gioia l'avanzare della tecnologia. L'abbiamo visto di recente con i nostri occhi per il caso Uber, dove da una parte i tassisti difendono la loro classe lavorativa e dall'altro gli utenti promuovono contenti il nuovo servizio che permette loro di avere un prodotto più veloce ed efficiente (ed in grado di risparmiare risorse!)
C'è però una categoria, una nicchia assai ristretta, che si estranea completamente da questo comportamento naturale, quasi in una bolla temporale che la conserva indenne dallo scorrere, inesorabile, degli anni, dei giorni, delle ore, dei minuti. Sono le tradizioni, che per quanto "vecchie", e di conseguenza anacronistiche nel contesto contemporaneo vengono sempre, in quanto tali, ripetute allo stesso modo.
Sarà forse il fascino del vintage, il riscoprire quello che non c'è più, solcare il mare dei ricordi, incagliandosi e proseguendo alla deriva, fino ad affogare.
Tuttavia esiste l'eccezione che conferma la regola. Esiste una tradizione dimenticata, volutamente sotterrata in un gioco di parti talmente complesso per cui è quasi impossibile trovare il vero responsabile.